giovedì 14 aprile 2016

Veloce come il vento: la recensione

Veloce come il vento non è il classico film italiano. Almeno, non lo è del tutto. Questo film, diretto da Matteo Rovere, è già e sarà sempre di più un must per gli appassionati di motori, perché pur essendo per certi versi un comedy-drama che tocca aspetti non esattamente leggeri della nostra esistenza si sentono tantissimo l'odore di benzina e il profumo delle corse automobilistiche.

Attenzione, da qui in avanti scriverò qualcosina sulla trama del film, quindi se non sapete ancora niente girate i tacchi e andate subito a vederlo, perché merita.



Rovere ha trovato ispirazione - anche se non è nella categoria "tratto da una storia vera" - nelle vicissitudini di Carlo Capone, campione europeo rally nel 1984 . Il pilota piemontese abbandonò progressivamente il mondo delle corse dopo la tragica morte di sua figlia (stroncata da un banale rigurgito) e dopo la conseguente caduta nell'orrendo gorgo della depressione, male terribile dei nostri tempi. Per un breve periodo, Capone provò anche a fare il coach driver per giovani talenti, un'attività che però non riuscì a portare avanti.

Ecco quindi la chiave per volta per raccontare, attraverso la narrazione filmica, un'altra storia dai contenuti altamente drammatici: l'ascesa di una pilota minorenne verso il successo nelle corse (la giovane talentuosa Giulia Di Martino, interpretata da Matilde De Angelis), allenata dal fratello tossicodipendente che fa di tutto per dimostrare la sua inaffidabilità (in pratica la figura distorta di Carlo Capone, interpretata da Stefano Accorsi) e assistita da un meccanico - Tonino (Paolo Graziosi) - che non l'abbandona mai e che controbilancia Loris (il personaggio di Accorsi) con la sua saggezza. Il personaggio di Tonino ha una controparte reale: si tratta di Antonio Dentini, meccanico di Capone e fonte primaria per la stesura della trama di questo film.

La Porsche con i colori De Martino; di fianco alla vettura l'attore Paolo Graziosi,
che interpreta il meccanico Tonino  © Alberto Marcone


Il rapporto tra Giulia e Loris è un fiume in piena di alti e bassi, rappresentati rispettivamente dalla volontà di Loris di aiutare Giulia a vincere il campionato e dai suoi continui colpi di testa, determinati sia dagli effetti delle droghe assunte sia da una dose di narcisismo impenitente. Tutto è esasperato da una scommessa, fatta dal padre di Giulia prima di morire: se Giulia avesse vinto il campionato GT avrebbe potuto tenere la propria casa, altrimenti avrebbe dovuto cederla alla scuderia nemica che ovviamente è la favorita.

Giulia, dopo le prime due inconcludenti gare del campionato, decide di ascoltare i consigli di Loris, sopportando a stento il soqquadro che ha portato nella sua vita. Loris, ex campione dei rally con una Peugeot 205 Turbo 16, sente nuovamente dentro di sé la magia delle corse, sentimento che aveva dimenticato in anni di perdizione. Comincia quindi la lenta risalita di Giulia in classifica, mentre Loris fatica comunque ad abbandonare le sue pessime abitudini.




Il film si conclude con una gara clandestina, affrontata da Loris proprio con la Turbo 16, per le strade di Matera, ultima spiaggia per mantenere in vita la speranza di non perdere la casa. Il finale è enigmatico ma rappresenta il riavvicinamento finale tra Loris e Giulia, uniti sì dalla passione per i motori ma anche dalle difficoltà appena passate.

Dal punto di vista delle immagini utilizzate il film ha positivamente impressionato. Per capire quanto fosse di qualità posso scomodare il meno recente Rush di Ron Howard. Mentre l'americano ha utilizzato tanti effetti computerizzati, Matteo Rovere ha messo in campo solamente immagini reali, girate sia durante le gare del campionato GT 2014 sia appositamente. Monza, Imola, Mugello e Vallelunga sono stati i circuiti nei quali sono state girate le scene del film, con pochissimi errori di montaggio (per un appassionato che conosce a memoria i dettagli di tali circuiti sarà facile riconoscerli). In realtà, se proprio si vuole trovare un film paragonabile a Veloce come il vento, bisogna tornare indietro al 1966, quando John Frankenheimer girò Grand Prix.

(L'unica cosa davvero "copiata" da Rush si vede quando vengono presentate velocemente le gare del recupero in classifica di Giulia, con una sovraimpressione del nome del circuito e della classifica proprio come avviene nel film su Lauda e Hunt dopo l'incidente del Nurburgring)

Le immagini delle auto e del paddock, girate sia con droni sia a terra, sono straordinarie e potrebbero far parte di una sorta di filmato promozionale per il mondo delle vetture GT: personalmente sono rimasto sorpreso dalla scelta delle inquadrature, che ho trovato perfette per raccontare anche a un pubblico non esperto cosa vuol dire la parola "automobilismo".

La Porsche con i colori del team De Martino  © Alberto Marcone

Oltre ai marchi che hanno beneficiato della presenza nel Campionato GT (principalmente Porsche e Lamborghini), la Peugeot ha portato avanti un nemmeno tanto celato product placement. Oltre alla 205 T16, mostro da gruppo B, nel film si vede spessissimo anche la macchina di tutti i giorni di Loris, una 205 GTi 1.9 protagonista di un paio di bravate. La T16 è stata utilizzata sia da Accorsi (che è un testimonial di Peugeot, ricordo) sia da Paolo Andreucci, che l'ha guidata nelle scene più pericolose.

La performance di Accorsi è eccezionale. L'attore, che è un appassionato, ha interpretato un credibilissimo tossicodipendente e ha preso sul serio la parte dell'ex pilota vecchio lupo dei circuiti, in grado di dare alla sorella lezioni di guida nonostante il precario stato psicofisico. Matilde De Angelis, alla sua prima interpretazione assoluta, ha dimostrato carattere e per calarsi meglio nella parte ha studiato il mondo del motorsport al femminile grazie all'esperienza diretta di Luli Del Castello.




Il punto dolente è la gara clandestina in quel di Matera, che è altamente irreale sia per il suo svolgimento sia per la sua ideazione (a dirla tutta). Non la critico per la sua presenza (anzi, credo che l'idea fosse buona), ma non è stata all'altezza del realismo del Campionato GT; con un po' di attenzione in più sarebbe potuta essere una sfida più interessante, mentre così com'è richiama troppo il mondo di Fast & Furious.

In conclusione: il film è stato ben fatto, soprattutto in confronto con altre pellicole dedicate ai motori. In sala si piange, si sente la tensione della sfida e tra i personaggi e ogni tanto si ride anche grazie alle sparate di Loris, che con i suoi commenti un po' sboccati risulta essere di gran lunga il personaggio più genuino.




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