giovedì 31 marzo 2016

20 curiosità sul circuito del Bahrain

La seconda prova del mondiale di F1 2016 si correrà sul Bahrain International Circuit, detto talvolta anche Sakhir Circuit per via della vicinanza alla zona omonima. Durante il weekend correrà anche il TCR e la Porsche GT3 Cup Middle-East. Il circuito del Bahrain è stato ultimato nel 2004, pochi giorni prima del battesimo nel calendario della F1, ed è stato ideato dall'ormai celeberrimo Hermann Tilke.

Il circuito, tutt'altro che piatto sia a livello altimetrico sia per l'intrinseca spettacolarità, è diventato tappa fissa del mondiale nonostante le polemiche a margine dell'evento, per via soprattutto delle proteste contro i ricchi monarchi locali. Nel corso degli anni il GP ha comunque offerto delle belle pagine di sport, grazie ad esempio ai duelli tra Hamilton e Rosberg e ai prodigiosi recuperi di Raikkonen (come nel 2006, quando da 22° in griglia giunse terzo).



Ecco quindi 20 particolarità sul GP del Bahrain; leggetele, così le saprete ancor prima che i Mazzoni e i Vanzini di turno ve le raccontino in telecronaca.

A come Alonso. Il pilota asturiano è il pilota più vittorioso, con tre edizioni portate a casa (nel biennio 2005-06 e nel 2010). Tra i piloti in attività possono eguagliarlo Lewis Hamilton, Felipe Massa e Sebastian Vettel. Sull'albo d'oro hanno scritto il loro nome anche Jenson Button e Michael Schumacher (una vittoria per ciascuno).

B come Bayston Hill. In questa cittadina inglese venne estratta la grovacca (una roccia sedimentaria) che forma gran parte dell'asfalto del Bahrain International Circuit. L'importazione di questa roccia è probabilmente stata dispendiosa, ma ha permesso a questo circuito di avere un manto con un altissimo livello di grip. Non per niente nel corso degli anni il Bahrain ha ospitato numerosi test privati e sessioni collettive sia della F1 sia di altre serie automobilistiche.

C come Capottamento. Durante l'edizione 2014 c'è stato l'incidente più celebre visto al Bahrain International Circuit. Maldonado, in un... maldestro tentativo di sorpasso, fece andare a ruote all'aria la Sauber di Gutierrez.



D come Deserto. All'inizio era come un'oasi in mezzo al nulla, e anche se in futuro l'area potrebbe diventare più popolata, rimane ancora il circuito delle sabbie. Nonostante il forte vento, la finissima sabbia locale entra in pista solo in minima parte, grazie a una vernice collosa che trattiene il pulviscolo.

E come Endurance Circuit. Nell'edizione 2010 la F1 ha corso sulla versione più estesa del circuito, 800 metri più lunga dell'abituale tracciato. Questa scelta non riscosse tuttavia successo per via della tortuosità aggiuntiva e per la mancanza di effettivi spazi per il sorpasso, e così dall'edizione successiva (nel 2012) le F1 ricominciarono a usare il Grand Prix Circuit.




F come Ferrari. La scuderia italiana ha ottenuto più successi di tutti in Bahrain, con 4 vittorie (due per Massa, una per Schumacher e per Alonso). L'ultima edizione vinta dal Cavallino risale però al 2010, e nel frattempo Renault l'ha raggiunta in questo conteggio di vittorie (ma solo come motorista, visto che quei successi sono da dividere equamente tra Red Bull e Renault F1). Se la Mercedes dovesse vincere l'edizione 2016 salirebbe anch'essa a 4 primi posti come motorista.

G come Gulf Air. La compagnia aerea del Bahrain è lo sponsor ufficiale del GP sin dalla prima edizione.

H come Hamad bin Isa bin Salman Al Khalifa. È il nome completo del Re del Bahrain, emiro in carica dal 1999 e monarca dal 2002. I suoi petroldollari hanno permesso la costruzione del circuito, anche se i lavori sono stati seguiti dal figlio primogenito, il principe Salman. Il prolifico monarca (ha 11 figli da 4 mogli) ha puntato moltissimo sia sul GP in sé sia sulle opportunità nel settore terziario legate ad esso, visto che le riserve di petrolio della piccola nazione (controllate dalla statale Bapco) sono limitate.


Il re del Bahrain 

I come Ide. Nel 2006 debuttò su questo circuito il giappone Yuji Ide, una delle ultime meteore viste in F1. Il giapponese dalla pochissima esperienza venne buttato nella mischia da Aguri Suzuki, proprietario del team Super Aguri, ma la sua avventura durò pochissimi GP. In Bahrain non riuscì a completare la distanza di gara per la rottura del motore, e in qualifica il suo passo fu di quasi tre secondi più lento rispetto al compagno di squadra Takuma Sato.

K come Kimi. Il finlandese ha concluso per ben 7 volte sul podio sul circuito del Sakhir, senza tuttavia vincere mai. Dopo tre terzi posti nel '05, '06 e '07, Kimi ha inanellato quattro secondi posti nel '08, '12, '13 e '15. Grosjean, Rosberg e Perez sono gli altri tre piloti in attività che hanno conquistato dei podi in Bahrain ma che non hanno mai alzato il trofeo del vincitore. Grosjean ha per altro conquistato qui il suo primo podio nel 2012 (fu 3°).

M come MPdAP. Il "Medesimo Podio dell'Anno Precedente" è relativo all'edizione 2013, quando Vettel, Raikkonen e Grosjean si piazzarono rispettivamente 1°, 2° e 3° esattamente come nel 2012. Anche i costruttori e i motori furono gli stessi in entrambe le occasioni: Red Bull-Renault per Vettel, Lotus-Renault per Raikkonen e Grosjean.

N come Notturna. Nel 2014 c'è stata la prima gara in notturna su questo circuito. Inizialmente era stata intesa come una tantum, in occasione del 10° anniversario dalla prima edizione. Tuttavia anche nel 2015 la corsa è stata organizzata a serata inoltrata, con la partenza nella fase avanzata del tramonto.

O come Oasis Complex. È il nome dell'area in cui sono state costruite12 suite individuali. Si trovano all'interno del circuito (dietro il paddock) e sono un simbolo dello stesso, con la loro lussuosità e esclusività.




P come Primavera Araba. Nel 2011 il Bahrain si unì ad altri paesi mediorentali in quella che è definita universalmente come "Primavera Araba". Gli scontri contro le forze governative cominciarono in quell'anno e continuano ancora, seppur occasionalmente. La protesta raggiunse il suo apice nel 2011, quando il GP fu cancellato. Gli oppositori delle politiche del monarca hanno deliberatamente sfruttato il GP per far sentire maggiormente la loro voce, e anche alcuni volti della F1 hanno espresso la loro contrarietà sull'opportunità di rimanere in Bahrain nonostante la repressione e le torture subite da alcuni manifestanti. Tuttavia il contratto è stato rinnovato e attualmente il GP è uno dei maggiori eventi sportivi organizzati in questa nazione mediorientale.


Manifestanti nel 2012

Q come 41,9°C. Si tratta della temperatura dell'aria più alta registrata nella storia della F1 in occasione di un GP. Tale valore venne raggiunto durante l'edizione 2005. Record anche per la temperatura dell'asfalto, con ben 56°C. La gara fu vinta da Fernando Alonso su Renault, mentre ben 7 vetture soffrirono rotture meccaniche o elettriche.

R come Rosberg. Il tedesco attualmente in Mercedes debuttò in F1 nell'edizione 2006 del GP del Bahrain, dimostrando subito di meritare la promozione dalla GP2. Con la poco competitiva Williams-Cosworth Rosberg riuscì a siglare il giro più veloce della corsa, arrivando 7° e a punti, pur tuttavia dietro al compagno di squadra Mark Webber (6° al traguardo).

S come Schumacher. Michael Schumacher vinse la prima edizione (2004) partendo dalla pole position. Barrichello giunse secondo a poco più di un secondo e tre decimi di distacco, mentre Button (BAR-Honda) arrivò terzo con oltre 26 secondi di ritardo.

T come Toyota. Nell'edizione 2009 la Toyota ottenne non solo la terza e ultima pole position della sua storia in F1, ma occupò interamente la prima fila. In quella giornata unica fu Trulli a siglare il miglior tempo, battendo Timo Glock per poco meno di tre decimi.

U come Uno: il numero di volte in cui è entrata la safety car dalla prima edizione del 2004 all'ultima nel 2015. L'incidente tra Maldonado e Gutierrez nel 2014 già citato in precedenza rese necessario l'ingresso della vettura di sicurezza, normalmente disoccupata per via delle enormi vie di fuga del circuito e per la celerità dei commissari, sempre pronti a rimuovere eventuali detriti.

V come Virgin. Il GP del Bahrain 2010 è stato il primo disputato dal team Virgin, poi diventato Marussia e ora chiamato Manor. Non fu esattamente un debutto sensazionale: sia Glock sia Di Grassi si ritirarono. In quel GP debuttarono pure la Lotus di Tony Fernandes e la HRT, ma solo l'attuale Manor è ancora in F1.

Timo Glock con la Virgin durante il GP del Bahrain 2010

lunedì 28 marzo 2016

Team BRIT, motorsport & disabilità verso Le Mans

Quando ho aperto questo blog, tempo fa, non avevo intenzione di scrivere qualcosa che ricordasse il flusso di notizie quotidiano. Per quello ci sono tanti altri siti, no? Anzi, in questo mare di news ci sono fin troppi pescatori... Non mi andava di condividere uno spazio già ristretto, ecco. Sono invece andato verso le radici del blogging, creando uno spazio per riversare la mia voglia di scrivere storie che piacessero soprattutto a me. Quello che sto per scrivere è proprio uno di quei racconti che non potevano non stuzzicare la mia curiosità.

Questa è una storia che parte da una immane tragedia umana, cioè la guerra. Un atto purtroppo del tutto umano che non solo ha un costo immediato di vite spezzate, ma che lascia ai sopravvissuti ferite difficili da rimarginare sia sul corpo sia nell'animo. Troppo spesso si sente parlare della mancanza di supporto ai reduci, prima servitori delle proprie nazioni e poi un problema sociale che le nazioni stesse non sembrano considerare appieno. Fortunatamente ci sono iniziative che provano in parte a dare il giusto spazio a queste persone, e il Team BRIT è una di queste.

Il Team BRIT è una scuderia automobilistica britannica che fa e farà correre, tra le proprie fila, piloti con gravi disabilità fisiche - principalmente reduci di guerra ma non solo -, dando un'opportunità agonistica a talenti altrimenti impossibilitati a esprimersi. Tuttavia non si tratta di un'operazione caritatevole come potrebbe sembrare, d'istinto. Questo è un progetto vero, serio e assolutamente ambizioso.

Ne ho parlato con Dave Player, fondatore del team che porta con sè il bellissimo hashtag #AliveToDrive. Ecco le sue risposte...

L'equipaggio del Team BRIT alla 24H di Silverstone (da sinistra):
Julian Thomas, Mark Allen, Martyn Compton, David Pittard. ©Scruffy Bear Pictures for Team BRIT



Il progetto del Team BRIT è rivolto alla diversità e a chi ha disabilità sia fisiche sia mentali. Quando hai cominciato a pensarci, e soprattutto perché?

Dopo aver lasciato l'esercito subii (nel 1991) un incidente nel quale mi ruppi il collo. Rimasi paralizzato e su una sedia a rotelle. Nonostante ciò, ho vissuto una vita davvero attiva, ho viaggiato, ho vissuto in differenti paesi e messo in piedi differenti business. Nel 2010 decisi che avrei lavorato con i reduci feriti delle truppe britanniche, e fondai KartForce, un'istituzione che permette loro di avvicinarsi al mondo del motorsport attraverso le gare di kart in versione endurance. Io stesso ho progettato i controlli al volante per i kart in questione. Molto presto scoprii che le gare avevano un impatto a lungo termine molto positivo sul morale di questi ragazzi. Le corse hanno risvegliato lo spirito competitivo che albergava dentro di loro, e hanno realizzato che avrebbero potuto competere allo stesso livello rispetto ai loro colleghi normodotati. Il motorsport ha dato a questi reduci, che vivono con ferite sia fisiche sia psicologiche, un nuovo obiettivo da seguire, aiutandoli a trovare la motivazione per ricostruire le loro rivoluzionate vite. Dopo 5 anni di karting, declinati in molte gare da 12 e 24 ore, alcuni dei ragazzi hanno chiesto se sarebbe stato possibile salire di livello, puntando alle auto. Ed è proprio da quella richiesta che è nato il Team BRIT.

A differenza di KartForce, questa squadra non è un ente caritatevole; è una società come tutte le altre e anche i piloti devono occuparsi della ricerca di sponsor. Questa è una parte importante del progetto: noi non solo aiutiamo i reduci a diventare dei piloti da corsa, ma li portiamo a sviluppare delle capacità commerciali che potrebbero essere utili a lungo.

Il nostro scopo è di ispirare altre persone con disabilità, depressione e disturbi post-traumatici da stress a ricostruire le loro vite attraverso il motorsport.

Martyn Compton, sopravvissuto all'incendio del mezzo militare con il quale stava svolgendo una missione.
Due soldati lo salvarono dal fuoco nemico e dalle fiamme, generate dallo scoppio del motore dopo un colpo da lanciagranate, mentre gli altri tre membri dell'equipaggio morirono. ©Scruffy Bear Pictures for Team BRIT

Il Team BRIT parteciperà alla 24 Ore di Silverstone nel prossimo aprile. La gara fa parte del calendario del campionato 24H Series (che ha fatto tappa anche al Mugello). La particolarità del campionato è che mette insieme tanti piloti pro e altrettanti gentlemen, con i primi spesso preoccupati sulle reali capacità dei secondi. Qual è la tua idea in proposito - visto che schiererai due piloti esperti affiancati da due reduci con esperienza relativamente ridotta nelle corse?

Abbiamo già alle spalle una stagione completa nel National Level britannico, con 8 vittorie in 12 gare. Di conseguenza abbiamo fatto un passo in avanti verso una serie internazionale, in previsione del raggiungimento del nostro obiettivo: la 24 Ore di Le Mans. I nostri piloti sono stati spesso sottovalutati, sin dai tempi del kart. Questo però si limitava solo a coloro i quali non avevano mai gareggiato contro di loro. Abbiamo partecipato a gare di tutti i tipi e contro avversari molto più esperti - talvolta dei professionisti. Alcuni arrivavano da noi, augurando ai ragazzi il meglio e di gustarsi l'esperienza. Dopo le corse ritornavano con un un livello di rispetto del tutto diverso. Abbiamo un pilota pro tra noi - David Pittard - e i tempi sul giro dei reduci sono praticamente al suo livello. Diciamo che il nostro esempio potrà insegnare qualcosa di nuovo al mondo del motorsport. Finché si parla e basta è un conto, ma solamente le azioni fanno guadagnare il rispetto. Questo è l'unico modo per rompere le barriere. Non serve lamentarsi - bisogna uscire fuori e agire.

Come approcceranno la corsa i due reduci iscritti dal Team BRIT, cioè Martyn Compton e Mark Allen?

L'approccio di Martyn e Mark a ogni corsa è assolutamente identico a quello portato avanti da qualsiasi altro pilota. La forma fisica e quella mentale sono prioritarie - abbiamo anche ingaggiato uno psicologo dello sport per questo. Si tratta di fare pratica, pratica e ancora pratica. Nulla fa migliorare un pilota come l'inanellamento di giri su giri in pista. I nostri coach hanno scoperto che Martyn e Mark hanno un modo unico per imparare velocemente, e ciò potrebbe essere legato alla loro esperienza tra i militari. Seguono le istruzioni alla lettera: scendono in pista, migliorano e tornano ancora più vogliosi di ricevere nuovi consigli. Sono sempre molto aperti al miglioramento e alla voglia di imparare, sia in pista sia fuori, e la loro crescita è stata sostanziale.


La Volkswagen Golf GTI con la quale il Team correrà a Silverstone.
La vettura è stata debitamente preparata per permettere a piloti disabili di correre in condizioni paritarie rispetto ai normodotati.
©Scruffy Bear Pictures for Team BRIT

Quali saranno i prossimi step per raggiungere l'obiettivo Le Mans?

Il nostro obiettivo è fare la storia alla 24 Ore di Le Mans 2018, diventando il primo team formato solamente da piloti disabili. Sappiamo dove vogliamo andare e come arrivarci. Dopo una stagione nella 24H Series, vorremmo salire di categoria nel WEC o nell'ELMS per il 2017. Il 2016 servirà ai nostri piloti per migliorare le capacità in corsa, ma anche per dimostrare agli sponsor che siamo un team con ambizioni serie e che meritiamo la giusta attenzione.

Mark Allen, qui di spalle, ha subito l'amputazione di entrambi gli arti inferiori.
Ha anche ferite al collo e agli arti superiori, dovute agli effetti devastanti dello shrapnel. ©Scruffy Bear Pictures for Team BRIT

Abbiamo già un grande esempio, tra gli atleti disabili, che ha dimostrato che correre in auto è possibile, ed è Alessandro Zanardi. Non solo la sua carriera è continuata dopo l'incidente, ma è stata anche mantenuta grazie all'intervento di numerose aziende sostenitrici. Pensi che il Team BRIT in futuro riuscirà ad attrarre altrettanta partecipazione da parte degli sponsor?

Ci sono molti piloti disabili di cui non si sente mai parlare che hanno fatto aprire gli occhi alle persone che lavorano le mondo del motorsport. Questi veterani dell'automobilismo hanno aperto la strada e hanno reso più facile l'inserimento delle generazioni successive di piloti disabili. Tuttavia nessuno ha avuto lo stesso impatto, a breve e a lungo termine, di Alex Zanardi. Zanardi è sempre stato una fonte di ispirazione per noi, e non solo per la sua guida. Dopo il suo incidente si è posto degli obiettivi e ha trovato un modo per raggiungerli tutti. Molte persone erano dubbiose riguardo alla sua competitività ad alto livello, ma i fatti hanno dimostrato che sbagliavano. Così facendo si è anche guadagnato la confidenza di sponsor seri. È questione di attitudine, di profonda determinazione, di capacità e di ottimismo.

L'intero team KartForce. ©Scruffy Bear Pictures for Team BRIT

Avete dedicato una parte del vostro progetto ai fan dell'automobilismo che vivono con disabilità?

Nel Regno Unito c'è una grande quantità di fan con disabilità, sia per quanto riguarda le due ruote sia per le quattro ruote. Andando a gareggiare il Team Brit porta con sé la speranza di trascinare ancor più disabili verso un impegno nel motorsport. Inoltre organizzeremo track days per differenti gruppi di persone disabili, inclusi i bambini. I nostri piloti dimostreranno che per loro sarà possibile trovare la dimensione giusta della loro esistenza, scrivendo in questo modo il capitolo successivo delle loro vite. Il nostro messaggio finale è che una questione soprattutto di attitudine: se vuoi qualcosa con tutto te stesso, puoi davvero riuscire a farlo succedere.

martedì 22 marzo 2016

Haas è il miglior team debuttante della F1 moderna?

In F1 non è per niente facile avere successo fin dall'inizio. Quando si parte da un foglio bianco non c'è modo per prevedere il futuro prossimo, né quello remoto, e non sempre è detto che il risultato del proprio debutto rappresenti cattivi presagi o orizzonti radiosi.

Tuttavia, pur con tutte le mani sul proverbiale fuoco, cominciare la propria avventura in F1 in modo positivo regala una certa speranza e fa anche molta scena. Il team Haas, debuttante nel mondiale 2016, ha esattamente seguito questo percorso, con una prima gara positiva culminata in un sesto posto finale con il pilota francese Romain Grosjean.



Qualunque fosse stato il punteggio assegnato (punti per i primi 10, 8 o 6 classificati), la compagine americana sarebbe entrata comunque nella storia come una delle poche scuderie a smuovere la propria classifica fin dal debutto. Si tratta quindi del miglior avvio di stagione per una scuderia totalmente nuova nella storia della F1 moderna?

Per rispondere a questo quesito ho comparato i debutti delle nuove scuderie iscritte in F1 dal 1983 a questa parte, marcando in questo modo la seconda metà esatta di storia della F1. In questo arco temporale 26 diverse scuderie hanno affrontato l'avventura F1 per la prima volta. Ho considerato solamente i team creati da zero, senza quindi inserire nel computo le varie Manor, Force India, Toro Rosso che hanno semplicemente ereditato i debutti ottenuti con la prima denominazione (vale a dire, in questo caso, Virgin, Jordan e Minardi).

Ebbene, il Team Haas non è il nuovo team con il miglior debutto dal 1983 a questa parte. A primeggiare in questa speciale classifica è la Sauber, che nel 1993 portò a casa uno straordinario 5° posto nel primo Gran Premio stagionale in quel di Kyalami. A concludere quella gara ad eliminazione fu il finlandese JJ Lehto, e i due punti conquistati furono un ottimo punto di partenza per un team che è attualmente il 4° per gare disputate (tra quelli attivi).

JJ Lehto, Sauber, Sudafrica 1993

Dei 26 team in esame, 21 si sono qualificati alla prima corsa alla quale si sono presentati; solo in 10 hanno concluso la gara venendo ufficialmente classificati. Solamente tre team hanno ottenuto punti iridati in tale occasione. Oltre ai già citati Haas e Sauber, nel 2002 andò a punti alla prima gara anche il team ufficiale Toyota, grazie al 6° posto del finlandese Mika Salo. Non fu facile in quell'occasione: quella che poi diventò per un breve periodo la compagnia automobilistica più grande del mondo si fece precedere in pista dalla piccola Minardi (che, a proposito, esordì con un ritiro nel 1985).

Webber davanti a Salo, Australia 2002

Con il punteggio attuale, dato ai primi dieci piloti, sarebbero andati a punti anche il team Modena, conosciuto dai più come Lambo (7° a Phoenix nel 1991 con Nicola Larini); la Forti (10° in Brasile con Pedro Diniz nel 1995); la Jordan (10° sempre a Phoenix nel '91 con Bertrand Gachot); la Larrousse (10° nel 1987 a Imola con il francese Philippe Alliot).


Larini a Phoenix (1991)

Sauber, Jordan e Stewart sono state le uniche nuove scuderie, dal 1983 a oggi, a conquistare almeno un Gran Premio nella loro storia. La Jordan ha vinto 4 GP tra il 1998 e il 1999; la Stewart il GP d'Europa del 1999; la Sauber il GP del Canada 2008 (anche se all'epoca la denominazione esatta era BMW-Sauber, vista la presenza ufficiale del costruttore bavarese). La Stewart non ebbe comunque fortuna all'esordio nel GP d'Australia del 1997: entrambe le vetture si ritirarono. Interessante notare come Force India e Red Bull siano i discendenti rispettivamente di Jordan e Stewart.

Il Team Haas, in un solo GP, ha polverizzato gli sforzi degli ultimi tre nuovi team iscritti in F1 dopo il 2010, cioè Virgin, HRT e Lotus (diventata poi Caterham). Le tre cenerentole non riuscirono mai a conquistare punti, e solo la Marussia - dotata della nuova denominazione presa dopo aver acquisito il team Virgin - ha poi ottenuto il tanto sospirato traguardo, grazie alla superba gara del compianto Jules Bianchi a Montecarlo, nel 2014. Al debutto nel primo GP stagionale del 2010, per la cronaca, delle sei vetture iscritte da Virgin, Lotus e Hrt si classificò solo la Lotus di Heikki Kovalainen, giunta al traguardo in 15° posizione. 




Gene Haas, il proprietario del neonato team con Grosjean e Gutierrez, ha battuto anche Carl Haas, l'ex importatore delle Lola negli Stati Uniti poi diventato ancor più celebre per via dei successi in F.Cart con il team Newman/Haas Racing. La Haas Lola del 1985 (che di Lola aveva ben poco visto che il telaio era un FORCE), sponsorizzata dall'azienda Beatrice Foods e portata in pista da Alan Jones al debutto, fu un fiasco sin dalla prima gara a Monza, nella quale l'ex campione del mondo 1980 si ritirò.

Pure Simtek (12° in Brasile nel 1994 con David Brabham) e Super Aguri (18° in Australia nel 2006 con Takuma Sato) riuscirono ufficialmente a concludere la loro prima corsa sotto la bandiera a scacchi. Dei due team ha certamente avuto più successo quello guidato da Aguri Suzuki, sebbene siano durati entrambi pochissimo.

Cinque team tra quelli presi in esame avevano cominciato, all'epoca, la loro avventura in F1 nel peggior modo possibile con l'onta della non qualificazione. Anzi: per essere precisi solo Lola (nel 1997) e Coloni (nel 1987) non si qualificarono, perché negli altri tre casi Life (1990), Onyx (1989) e BMS Scuderia Italia (1988) addirittura non si pre-qualificarono! Già, all'epoca non solo era difficile giocarsi i punti, ma era complicato pure mettere le ruote sulla griglia di partenza...

Di questi cinque team i più gloriosi sono stati senz'altro la BMS Scuderia Italia e la Onyx. Il team bresciano è salito sul podio in due occasioni (Canada1989, San Marino 1991), mentre la Onyx una volta soltanto (Portogallo 1989). La Coloni riuscì a gareggiare in qualche occasione, ma furono più i tentativi a vuoto che i GP effettivamente disputati (e il trend non si modificò nemmeno con il team che ne acquistò le basi, vale a dire l'Andrea Moda); La Life non riuscì mai a pre-qualificarsi, ma almeno si sforzò di provare per tutta la stagione 1990, mentre la Lola del 1997 si ritirò dal mondiale già dopo il primo tentativo in Australia.


Nicola Larini, Coloni, 1987 (Monza)

Dal 2002 a questa parte sono state sei le scuderie che hanno deciso di fare il grande salto verso il debutto totale in F1. Tra queste un solo costruttore totale (Toyota) e cinque costruttori privati (Super Aguri, Virgin, Hrt, Lotus e Haas). Tuttavia solo Haas ha deciso di cominciare la sua avventura in F1 con uno spirito da vero garagista. Gene Haas ha acquistato motore, trasmissione e sospensione dalla Ferrari, mentre il telaio è progettato insieme a Dallara. Uno dei fattori che ha reso il team da subito competitivo almeno quanto gli altri è proprio l'aver sfruttato al massimo il regolamento attuale sulla compravendita dei pezzi; il know-how altrui ha quindi reso più abbordabile il debutto.

Di seguito ecco l'elenco dei debutti dei 26 team:

Haas F1 Team-Ferrari (2016), GP Australia: Grosjean 6°, Gutierrez Rit.
Lotus Racing-Cosworth (2010), GP Bahrain: Kovalainen 15°, Trulli Rit.
HRT-Cosworth (2010). GP Bahrain: B.Senna Rit., Chandhok Rit.
Virgin Racing-Cosworth (2010), GP Bahrain: Glock Rit., Di Grassi Rit.
Super Aguri-Honda (2006), GP Bahrain: Sato 18°, Ide Rit.
Toyota (2002), GP Australia: Salo 6°, McNish Rit.
Lola-Ford (1997), GP Australia: Rosset NQ, Sospiri NQ.
Stewart-Ford (1997), GP Australia: Barrichello Rit, J.Magnussen Rit.
Forti-Ford (1995), GP Brasile: Diniz 10°, Moreno Rit.
Simtek-Ford (1994), GP Brasile: D.Brabham 12°, Ratzenberger NQ.
Pacific-Ilmor (1994), GP Brasile: Gachot Rit., Belmondo NQ.
Sauber-Ilmor (1993), GP Sudafrica: Lehto 5°, Wendlinger Rit.
Jordan-Ford (1991), GP Usa: Gachot 10°, De Cesaris NPQ.
Modena-Lamborghini (1991), GP Usa: Larini 7°, Van de Poele NPQ.
Life (1990), GP Usa: G.Brabham NPQ.
Onyx-Ford (1989), GP Brasile: Johansson NPQ, Gachot NPQ.
BMS-Ford (1988), GP Brasile: Caffi NPQ.
EuroBrun-Ford (1988), GP Brasile: Larrauri Rit., Modena Rit.
Rial-Ford (1988), GP Brasile: De Cesaris Rit.
Coloni-Ford (1987), GP Italia: Larini NQ.
Larrousse-Ford (1987), GP San Marino: Alliot 10°.
AGS-Motori Moderni (1986), GP Italia: Capelli Rit.
Haas Lola-Hart (1985), GP Italia: Jones Rit.
Minardi-Ford (1985), GP Brasile: Martini Rit.
Zakspeed (1985), GP Portogallo: Jon.Palmer Rit.
Spirit-Honda (1983), GP Gran Bretagna: Johansson Rit.

giovedì 17 marzo 2016

Tutti i caschi della stagione 2016 di F1

Il 2016 sarà la seconda stagione in cui vedremo il "casco unico" per i piloti di Formula Uno. La norma, che aveva suscitato qualche perplessità all'inizio della scorsa stagione, ha prodotto interessanti risultati. Prima di tutto, quasi nessuno ha tentato di aggirarla: solo Vettel ha trovato un sistema per modificare sistematicamente il proprio casco come un tempo, variando dei dettagli senza intaccare lo schema base (come nel caso del numero 5 scritto alla "giapponese" proprio in quel di Suzuka, oppure con l'utilizzo creativo di brillantini e altri stratagemmi).

Inoltre, approfittando della staticità imposta, alcuni piloti sono tornati a disegni più legati alle loro prime stagioni (Alonso e Button, ad esempio), mentre altri hanno trovato uno standard probabilmente definitivo (come per il casco nero di Rosberg).

Grossi cambiamenti rispetto al 2015 per Nico Hulkenberg: il pilota tedesco ha abbandonato i colori più legati alla propria nazionalità per sfoggiare un vistoso verde fluo che ricorda... l'incredibile Hulk, ovviamente. A rimarcare questa scelta Hulkenberg ha parzialmente variato lo schema geometrico per far posto alla scritta Hulk.

Kimi Raikkonen porterà in pista un casco decisamente più rosso, con il numero sette stilizzato che invece assumerà una tonalità "ghiaccio-nero".

Per Romain Grosjean c'è un ritorno alle origini con tonalità di blu, colore che ha utilizzato anche nella stagione in cui ha debuttato in F1. Il compagno di squadra Esteban Gutierrez ha definitivamente abbandonato lo schema con base gialla degli inizi di carriera, preferendo colori più in linea con la bandiera nazionale.

Come anticipato, ritorno in grande stile per la Union Jack sul casco di Jenson Button. L'inglese è stato aiutato dai fan per la scelta dei colori, e in questo caso ha prevalso il sentimento nostalgico.

Il casco di Valtteri Bottas, nonostante sembri simile a quello dello scorso anno, è in realtà del tutto diverso. Nel passaggio da Arai a Stilo si è evidenziato un forte richiamo ad Alain Prost, sia per le linee sia per la tonalità del blu. Chissà se il riferimento al pilota francese è casuale o voluto!

Molto interessanti le tre new entry del campionato. Il casco di Jolyon Palmer richiama per le linee quello del papà Jonathan, seppur con tinte più chiare. Rio Haryanto ha scelto uno schema con base gialla, attraversato da linee rosse, bianche e nere. Il casco di Pascal Wehrlein è invece più tedesco di quanto si pensi: la base nera è contornata da spazi sfumati nei quali s'incontrano il resto dei colori nazionali (giallo e rosso). All'interno del disegno compare anche una P bianca (per via del nome) e due piccoli oblò di fianco alla firma, recanti la bandiera tedesca (nazionalità di suo padre) e quella delle Mauritius (paese d'origine della madre).

Scorrendo con il mouse sulle foto (e restandoci un poco) potrete trovare una piccola descrizione per ognuno dei piloti che solcherà la pista nella stagione 2016 del campionato del mondo di F1.


Kimi abbandona il bianco 2015 per un casco più rosso ma sempre incentrato sul numero 7, che presenta una sfumatura dal color ghiaccio al nero
Kimi Raikkonen
Sebastian Vettel ha dorato il precedente bianco pieno, senza lasciare il disegno retrò della bandiera tedesca
Sebastian Vettel
L'incredibile Hulk è arrivato, con colori e scritta a corredo
Nico Hulkenberg
Per Sergio Perez base gialla e inserti neri. Spazio anche per la bandiera messicana (sul retro)
Sergio Perez
Disegno invariato per K-Mag, con i colori danesi e citazioni al papà Jan
Kevin Magnussen
Il deb Jolyon Palmer ha seguito lo stile del padre Jonathan, seppur con tonalità di colore più chiare. Bellissimo nella sua semplicità
Jolyon Palmer
Alonso rimane fedele ai suoi colori nazionali e locali
Fernando Alonso
Jenson Button torna a sfoggiare praticamente lo stesso disegno dei suoi primi anni in F1
Jenson Button
Lewis ha aggiunto la terza stellina rossa, che celebra altrettanti mondiali vinti. Il bianco non ha ancora del tutto sostituito il giallo delle origini
Lewis Hamilton
Disegno ormai consueto per Nico Rosberg, con la N argentata su sfondo nero
Nico Rosberg
Kvyat non cambia il proprio disegno, assai riconoscibile
Daniil Kvyat
Il casco base di Ricciardo adotta questo schema bianco e turchese
Daniel Ricciardo
Pochissime variazioni nel layout del casco di Marcus Ericsson, giallo e blu come i colori della sua Svezia
Marcus Ericsson
Linee bianche leggermente più oblique nel casco di Nasr che pare ispirato a quello usato da Lauda negli anni '80
Felipe Nasr
Casco Red Bull cromato per Sainz Jr., fortunatamente adornato da una vistosa banda con i colori spagnoli
Carlos Sainz Jr.
La V dei Verstappen è sempre presente, anche se meno visibile per via dello schema Red Bull che contorna la zona centrale
Max Verstappen
Un po' più di Alain Prost nei colori del casco di Bottas
Valtteri Bottas
Nell'ormai iconico disegno di Felipe Massa è stato aggiunta anche una zona azzurra nella parte inferiore
Felipe Massa
Maggioranza di nero, la P bianca e parti che sembrano dorate ma che recano le sfumature della bandiera tedesca: ecco il nuovo casco di Pascal Wehrlein
Pascal Wehrlein
Molto giallo e un po' di rosso indonesiano per Haryanto
Rio Haryanto
Ritorno al blu per Grosjean, mentre resiste l'arancione. Disegno molto moderno ma non facilmente memorizzabile
Romain Grosjean
Il messicano Gutierrez torna titolare con un casco dorato (di base) adornato da inserti rossi, verdi e bianchi in onore del paese d'origine
Esteban Gutierrez

Per fare un rapido confronto ecco la carrellata dei caschi usati dai piloti di F1 nel 2015.

E per chi avesse nostalgia dei caschi di una volta, ecco qui una raccolta di 30 icone della storia della F1.

mercoledì 16 marzo 2016

20 curiosità sul circuito di Melbourne

La gara di F1 sul circuito di Melbourne (detto anche Albert Park) compie in questo 2016 il suo ventesimo anno, con l'organizzazione della 21° edizione. Nelle 20 precedenti occasioni la tappa australiana è stata per 18 volte quella di apertura, e ciò ha regalato sorprese anche in stagioni dai più considerate avare d'emozioni (non da me: io trovo sempre motivi d'interesse nella F1, altrimenti non la seguirei) per via di numerose variabili come l'acerba affidabilità delle vetture, la tensione dei piloti che ritornano a correre dopo una lunga pausa, la conformazione stessa del circuito i cui limiti esterni sono in più punti così vicini al nastro d'asfalto da non poter perdonare errori.



Voglio quindi presentare, grazie al nostro glorioso sistema alfabetico, una ventina di fatti interessanti sull'Albert Park, circuito per altro sempre fedele alla sua versione originale e forse anche per questo diventato uno dei punti di riferimento degli appassionati.

A come Ambientalisti. Il movimento Save Albert Park è attivo dal 1994, cioè qualche mese dopo l'annuncio del parco come location per il futuro Gran Premio d'Australia. La comunità ha come obiettivo lo spostamento del Gran Premio su un circuito permanente a favore di un utilizzo eco-sostenibile del parco, che è a tutti gli effetti adatto a ospitare attività ricreative di diverso tipo grazie al lago, alle spiagge e altre strutture sportive di rilievo. Attualmente il movimento sta puntando a degli studi sull'impatto economico del Gran Premio, ovviamente per loro negativo, per convincere il resto della comunità a protestare.

B come Brundle. Il buon Martin è ancora qui con noi oggi nonostante il bruttissimo incidente occorso durante il Gran Premio del 1996, quando la sua Jordan, dopo essere decollata sulla Sauber di Herbert, atterrò spezzata in due sulla gialla ghiaia all'esterno della seconda chicane.




C come Cinquantotto. I giri da percorrere sul circuito australiano, pari a 307,574 KM. Inoltre nel 1958 si corse l'ultima gara ufficiale (il Victorian Tourist Trophy) con la vecchia configurazione del circuito, più corto di 300 metri e percorso in senso inverso rispetto a oggi. A vincere fu Doug Whiteford (la quinta curva porta ora il suo cognome) con una Maserati 300s, iscritta nella categoria Formula Libre. Stirling Moss detiene il record della vecchia pista.




D come Double-decker diffuser. Il dispositivo che, tra le tante particolarità, fu un fattore nella doppietta Brawn GP del 2009, con Jenson Button e Rubens Barrichello rispettivamente in prima e in seconda posizione. Questo estrattore permetteva alla vettura di ottenere un enorme carico aerodinamico in una stagione nella quale, per effetto dei regolamenti, erano state eliminate gran parte delle appendici e delle alette che imperavano nel 2008.

F come Fisichella. Il pilota romano è l'unico italiano ad aver vinto sul circuito australiano, grazie alla splendida gara corsa nel 2005 con la Renault. Giancarlo partì pure in pole position, grazie soprattutto alla fantastica prestazione nella Qualifica 1 disputata su asfalto umido (all'epoca la griglia veniva formata dalla somma dei tempi della Q1 del sabato e della Q2 della domenica mattina). Purtroppo vista l'assenza di piloti italiani in F1 questo record rimarrà imbattuto anche nel 2016.




G come Graham Beveridge. È il nome dello sfortunato commissario di pista rimasto ucciso nell'incidente occorso nell'edizione 2001 tra Ralf Schumacher e Jacques Villeneuve. I traumi riportati furono causati dall'urto con una ruota della vettura del canadese, passata in un'apertura tra le file di barriere protettive all'esterno della terza curva.

H come Hill. Damon Hill è stato il primo vincitore su questo circuito. Nonostante l'ordine d'arrivo suggerisca la netta vittoria dell'inglese, passato sotto il traguardo con 38 secondi di vantaggio sull'allora compagno di squadra Jacques Villeneuve, durante quella gara a dominare fu proprio il canadese. Una copiosa perdita d'olio lo privò di una meritata vittoria ma non gli impedì di giungere secondo al debutto in F1. Le Williams-Renault furono imprendibili per chiunque: Irvine, giunto terzo, accumulò un minuto di ritardo.



I come Irvine. Il playboy nord-irlandese colse all'Albert Park la sua prima vittoria in F1 nel 1999, anno poi rivelatosi il migliore della sua carriera. Con le McLaren fuori per problemi tecnici e Schumacher partito dal fondo per aver fatto spegnere la vettura in griglia, Irvine si ritrovò in testa e mantenne la leadership chiudendo la gara con un secondo di vantaggio su Frentzen (Jordan-Mugen Honda).

J come Jones. Al campione australiano, vittorioso nel mondiale 1980, è stato assegnato il nome della prima curva e della tribuna all'esterno della curva stessa.




K come K-Mag. Kevin Magnussen detiene - al pari di Jacques Villeneuve - il record per il miglior piazzamento all'Albert Park ottenuto da un debuttante. Nel 2014, infatti, l'allora pilota della McLaren-Mercedes ottenne il secondo posto dietro a Nico Rosberg, con una gara accorta propiziata da un'ottima posizione di partenza (4° in griglia) e con l'avanzamento nell'ordine di classifica finale pe via della squalifica comminata a Daniel Ricciardo per irregolarità tecniche (flusso di benzina).

L come Lola. Il circuito di Melbourne è stato l'unico nel quale le Lola Mastercard iscritte alla stagione 1997 riuscirono a completare delle sessioni ufficiali. Vincenzo Sospiri e Ricardo Rosset presero parte alle prove libere e alle qualificazioni, non riuscendo a rimanere nel 107% del tempo della Pole Position, requisito obbligatorio per partecipare alla corsa. Nel successivo Gran Premio del Brasile la scuderia si ritirò ancor prima di scendere sul tracciato.



M come Mercedes. Il motore tedesco ha vinto 9 gare a Melbourne, contro le 6 della Ferrari e le 5 ottenute da vetture motorizzate Renault.

O come Ordini di Scuderia. Nel 1998 Mika Hakkinen vinse il Gran Premio (comunque meritatamente) grazie al "fairplay" di David Coulthard che, come richiesto dalla scuderia McLaren, lo fece passare. Ancora oggi gli eventi di quel Gran Premio restano avvolti da un alone di mistero. Hakkinen, in testa fin dalla prima curva, rientrò ai box nel giro sbagliato, procedendo nella corsia dei box senza fermarsi (i meccanici non erano pronti). Ron Dennis sostenne nel 2007 che qualcuno interferì nelle comunicazioni radio, facendo in modo che il finlandese perdesse terreno. Tuttavia, dopo aver effettuato le soste normalmente, Coulthard rallentò in modo che Hakkinen potesse tornare in testa.

P come Parks Victoria. Si tratta dell'ente governativo che opera e gestisce i parchi e le riserve dello Stato di Victoria, tra i quali è inserito anche l'Albert Park and Lake. L'ente, che riporta al ministero dell'ambiente dello Stato di Victoria, è stato creato anch'esso nel 1996, stesso anno nel quale si è corso il primo Gran Premio a Melbourne.

Q come Qantas. La compagnia aerea australiana è stata sponsor ufficiale del Gran Premio per ben 8 anni, statisticamente la più presente nella storia dell'Albert Park. La birra Foster's ha sponsorizzato 5 edizioni, mentre ING si è fermata a 3. Dal 2013 lo sponsor ufficiale è Rolex (quest'anno sarà quindi la 4° volta).




R come Ricciardo. Daniel Ricciardo è l'unico pilota australiano attualmente in F1. Ha corso 4 edizioni del GP di casa, con un podio revocato per irregolarità tecniche nel 2014, un 6° posto nel 2015 (attualmente suo miglior risultato qui), un 9° posto nel 2012 e un ritiro per noie meccaniche nel 2013. Il pilota di Perth ha corso a Melbourne sempre con i colori Red Bull, pur distinguendo le due annate con la Toro Rosso (2012-2013) da quelle effettuate con il team di Milton Keynes.

S come Schumacher. Michael Schumacher è attualmente il pilota ad aver vinto per più volte all'Albert Park. I suoi 4 successi (2000, 2001, 2002 e 2004) sono stati ottenuti tutti con la Ferrari. L'unico pilota in grado nel 2016 di pareggiare il record è Jenson Button, che ha vinto in tre occasioni (2009, 2010 e 2012). Tra i piloti in attività Raikkonen e Hamilton sono fermi a quota 2, mentre possono vantarsi di un solo successo Rosberg, Vettel e Alonso.

T come Takagi. Il 7° posto nella GP d'Australia 1999 è il miglior risultato nella carriera in F1 del pilota giapponese, ed è anche una metafora per le tante sfortune patite dai protagonisti del Sol Levante su questo circuito. Sia Honda (in forma ufficiale o sotto la gestione Mugen) sia Toyota non hanno mai vinto qui, riuscendo a conquistare al massimo dei secondi posti. Tra i piloti il migliore è stato Kamui Kobayashi, ma solamente con un sesto posto.

V come Van Der Garde. Il pilota olandese è stato protagonista, proprio all'Albert Park, di uno degli episodi più controversi della stagione 2015. Giedo arrivò in Australia forte di un contratto firmato con Sauber durante la stagione precedente, nel quale gli era stata assicurata una guida. Nonostante ciò, Monisha Kalternborn aveva firmato anche con Marcus Ericsson e Felipe Nasr, annunciandoli come piloti titolari. La Corte Suprema dello stato di Victoria intimò al team di mettere Van der Garde su una delle macchine; la Sauber fece appello citando motivi di sicurezza, ma perse anche in questo caso. Ci furono momenti di imbarazzo, con Van Der Garde ai box con tanto di tuta ufficiale in assenza del personale, invitato dal team a non seguire in alcun modo le richieste del pilota olandese. La disputa si chiuse con la rinuncia al sedile da parte di Van Der Garde, la cui causa principale fu chiusa tramite un compenso economico. Il team gareggiò con Nasr e Ericsson, per altro cogliendo i primi punti dopo un fallimentare 2014.

W come Webber. Mark Webber è il miglior pilota australiano nella storia dell'Albert Park targata F1, avendo colto un 4° e tre 5° posti. Tuttavia la performance rimasta negli annali è senz'altro quella relativa all'edizione 2002, quando arrivò 5° con la Minardi, precedendo anche la Toyota di Salo (comunque al debutto) in una gara a eliminazione con sole 8 vetture al traguardo (circostanza che si è ripetuta spesso, a Melbourne). Senza riguardo verso le rigide procedure della FIA, Webber e Paul Stoddart (all'epoca proprietario del team e anch'esso australiano) festeggiarono sul podio dopo le celebrazioni ufficiali.







venerdì 11 marzo 2016

Piero Castricone: dalla provincia al Mondiale di F1

C'è un mondo parallelo ed esistente nel quale un pilota italiano ha vinto quattro titoli mondiali di F1. Inoltre è pure un costruttore. Sto parlando di uno dei maggiori protagonisti del panorama slot racing italiano e internazionale: Piero Castricone.

Il nostro, che vive a Sulmona, in Abruzzo, ha una parlantina coinvolgente e una passione sconvolgente per tutto quello che riguarda le slot car. Il suo palmares è invidiabile: quattro volte campione del mondo F1 in scala 1/32 (2015, 2014, 2012, 2010), due volte campione nella Production 24 (in coppia con Guido Santarelli nel 2012 e con Roberto Rotoni nel 2001) e varie volte campione italiano (3 titoli di F1 1/32, 2 titoli nella Eurosport 24 e nella Eurosport 32, quattro vittorie finali nella Production 24 sempre con Guido Santarelli). Castricone è uno dei due italiani nella top 10 del ranking ISRA (precisamente al 4° posto), insieme a un altro gigante delle slot car, Paolo Trigilio (attualmente 6°).

Praga 2015: Piero Castricone (al centro) festeggia la vittoria...

Piero, spiega ai non addetti ai lavori cosa c'è attualmente nel piatto di ogni appassionato di slot car...
«Quello delle slot car è un panorama da sempre molto vasto. Anzi, è quasi una giungla! Parto da una semplice divisione a monte, tra chi considera le slot più come un gioco - con macchine di plastica, meno costose e prodotte magari in serie - e chi invece le tratta in modo un po' più professionale, come il sottoscritto. Le macchine che partecipano ai campionati ISRA (la federazione internazionale di categoria - ndb) sono in sostanza versioni estreme, con pezzi particolari, fatti a mano da artigiani che riescono a tirar fuori dei capolavori».

Le categorie premiate dall'ISRA con il titolo mondiale sono 4.
«Sì. C'è la Production 24, una sorta di categoria entry level con materiali uguali per tutti. Telaio, gomme e motori sono infatti forniti come se si trattasse di un monomarca, e le gare sono mini-endurance di un'ora da affrontare a coppie. Poi c'è la F1 1/32, categoria a ruote scoperte con alcuni limiti regolamentari per il telaio ma con motore libero. Infine le categorie più aperte, Eurosport 1/24 e Eurosport 1/32, con telaio e motore libero. Qui si vedono delle cose pazzesche!»

Una Eurosport 1/24


Come si costruisce una macchina, in generale? Tu sei ormai un produttore...
«Sì, anch'io da qualche anno progetto e monto i miei telai e fortunatamente riesco a venderne qualcuno! Le parti che riguardano il motore le acquisto da vari produttori e ovviamente anche i materiali per il telaio arriva da fuori. I telai sono in acciaio armonico e a seconda della quantità di carbonio ci sono variazioni sulla durezza e sulla elasticità. I motori sono costituiti da magneti molto potenti e ognuno li regola in modo da aderire al proprio stile di guida, ma in ogni caso hanno un rendimento spaventoso: 200mila giri al minuto...»

Il laboratorio a casa Castricone

Come vengono scelte le livree?
«La parte modellistica è certamente la più lunga e difficile, in termini di lavoro. La carrozzeria è fondamentale, perché la macchina sta attaccata alla pista grazie all'aerodinamica e quindi ci vuole precisione. Per abbreviare i tempi tutti hanno deciso di fare verniciature monocromatiche, e c'è stato un periodo in cui tutti avevano scelto, per la F1, di correre con delle simil-Jordan - quelle gialle! Poteva benissimo capitare di andare a gareggiare contro altre 7 macchine uguali, il che rendeva la comprensione della corsa piuttosto difficoltosa! Ora fortunatamente le regole hanno risolto il problema: si possono scegliere le riproduzioni di qualsiasi livrea della F1 di ogni epoca, e così su 120 iscritti finalmente si può vedere un parco livree un po' più vario. Per quest'anno io ho deciso di darmi al rosso Ferrari, anche se in realtà non sono questo grande sostenitore...»

Sei appassionato del motorsport in scala 1/1?
«Sì, anche se non sono un tifoso sfegatato. Qualche anno fa seguivo più assiduamente, mi ricordo di essere andato con la macchina fino a Spa per vedere la F1...»

La prima volta che io ho letto di Slot Car è stato negli anni '90, quando ero andato a rileggermi tutti i Topolino del decennio precedente che avevano acquistato i miei fratelli. Devo dire che era un argomento trattato con costanza e con partecipazione. Anche tu hai avuto questa esperienza?
«Mi sono appassionato al mondo delle Slot principalmente per via di mio padre. Anche lui giocava molto e quando andavo alle piste da piccolino mi divertitvo moltissimo. Più che Topolino, che in realtà non era una lettura adatta a me, leggevo spesso Mini Autosprint, supplemento dell'omonima rivista».

Grazie ai campionati a cui partecipi (l'Italiano e il Mondiale) hai avuto modo di viaggiare parecchio...
«È vero, sono stato in tanti paesi diversi grazie alla mia passione. Mi ricorderò sempre del mio primo titolo individuale in quel di Chicago, luogo dove non mi sarei mai immaginato di arrivare. Anche se, forse un po' immodestamente, mi sono sempre sentito preparato e in grado di riuscire nel mio ambiente».

Ti ritieni più forte nella guida o nella progettazione?
«Probabilmente nella guida; ho ottimi riflessi e mi adatto alle piste velocemente. Per quanto riguarda i telai, ci sono tante, tante persone meticolosissime che fanno delle macchine a dir poco stupende, mentre io sono solo un piccolo produttore anche se ho avuto soddisfazioni pure in quel campo».

Una bella immagine delle Production 24 in parco chiuso

Qual è la slot car più estrema che hai provato?
«Le wing car, senza dubbio. Come si capisce dal nome, queste sono letteralmente macchine con le ali, che corrono su piste dotate di curve paraboliche e che raggiungono velocità prossime ai 170 km/h se non di più. Sono inavvicinabili, sia per costi, sia per la guida. Hanno degli alettoni che creano un effetto minigonna fuori dal normale; sono incollate alla pista e chi le guida è sempre in pieno, con il pulsante premuto dalla partenza all'arrivo. In sostanza sono macchine che vanno da sole, cosa che per quanto mi riguarda le rende meno interessanti. Una volta in pista vanno in automatico, ovviamente la cosa difficile è costruirle in modo che non escano di strada! Il record del mondo è attualmente questo: 47 metri di pista in 1 secondo netto...»

Quanto costa costruire una macchina completa?
«Se parliamo di quelle che utilizziamo noi per gareggiare, con elementi sofisticati, il costo va dai 400 ai 500 Euro, a seconda dei pezzi utilizzati. Il motore è l'elemento che fa più la differenza economicamente, perché il valore varia molto a dipendenza della marca o anche solo del magnete. Per quanto riguarda le macchine più diffuse in Italia, vale a dire quelle di grande produzione, si può arrivare al massimo a un'ottantina di Euro».

La F1 campionessa del mondo con Piero

Come giudichi il movimento italiano e internazionale attuale?
«A livello internazionale la partecipazione sta crescendo, e lo si comprende solamente guardando alle richieste di iscrizione al mondiale. La Federazione ha dovuto apportare un tetto di 120 iscrizioni, perché oltre a questo numero l'evento sarebbe difficilmente gestibile e meno sostenibile anche economicamente per i partecipanti. In pista possono scendere solo 8 macchine alla volta, e tra eliminatorie e prove libere si è full immersion per due giorni completi. In Italia si sta muovendo qualcosa, anche grazie alla passione di singoli come i ragazzi del Model Drome di Peschiera Borromeo; tuttavia siamo lontani dai grandi numeri della Scandinavia, dei paesi Baltici, dei paesi dell'est Europa. Addirittura la pista di Limbaži in Lettonia è stata costruita anche con fondi governativi, per promuovere l'hobby delle Slot Car al fine di favorire gli scambi culturali i giovani lettoni e i vicini confinanti estoni. Che dire, sono avanti anni luce...»

C'è anche una mina vagante nel movimento delle slot car...
«Sì, e si tratta del ricchissimo Jean-Pierre Van Rossem, un grandissimo appassionato di slot car famoso soprattutto per la sua carriera politica in Belgio e per la sua partecipazione in F1 con il team Onyx nel 1989! Alle gare di slot car da lui organizzate ci sono stati in passato premi incredibili - delle Ferrari stradali, ad esempio - ma la sua figura si concilia poco con l'organizzazione che si è data ora l'ISRA. Da una parte spesava tutto, compreso aereo e albergo, per permetterti di partecipare, cosa che è capitata anche a me; dall'altra parte però aveva un modo del tutto personale di portare avanti i tornei...»

Jean-Pierre Van Rossem

Pensi che sarebbe necessaria una maggiore promozione per il mondo delle slot car?
«Non penso di essere la persona giusta per rispondere a questa domanda, sono un po' impreparato. Ovviamente la promozione non guasta, e in passato ho anche provato a fare qualcosa. Del resto se anche a Sulmona, che fa 25000 abitanti, pochi sanno di cosa si tratta... Personalmente credo che in realtà ci voglia una grande passione di base, perché al primo colpo le nostre gare piacciono a tutti, ma la percentuale di chi viene a gareggiare è ancora bassa. Fortunatamente l'ISRA ha trovato un regolamento stabile che darà in futuro risultati a livello globale. Nonostante quanto detto sull'Italia, però, avremo nel 2017, proprio qua a Sulmona, i campionati del mondo. La pista nuova è arrivata da poco. Pensa che salto: nel 2016 i mondiali saranno nella grande Chicago, l'anno successivo... in provincia!»