venerdì 3 ottobre 2014

I grandi delusi alla ricerca del titolo perduto

Con Fernando Alonso e la Ferrari che si separeranno a fine 2014, e con Sebastian Vettel pronto a sostituirlo dopo essere stato oscurato in Red Bull dall'astro nascente Ricciardo, il mercato piloti entra nel vivo e di certo non mancherà di riservarci degli ulteriori - e clamorosi - cambi di casacca.

Alonso è convinto di essere nella fase migliore della propria carriera, e quindi chiede a breve termine una macchina in grado di vincere le gare. La Ferrari attualmente non può lottare per il titolo. E difficilmente sarà della partita nel 2015. La Ferrari ovviamente perderebbe uno dei migliori piloti in circolazione, e Alonso andrebbe spedito verso un'altra difficile scommessa. Visto che i pettegolezzi riguardo un suo anno sabbatico sono abbastanza assurdi -  non siamo nel 1992 - Alonso approderà probeabilmente alla Mclaren, senza però garanzie sulla forza del motore Honda. Vettel invece dovrà sicuramente passare almeno un anno di purgatorio alla Ferrari prima di poterci vincere qualcosa. A meno che durante l'inverno i motoristi non facciano miracoli.


Alonso e Vettel non sono i primi campioni del mondo a perdere la pazienza cercando di rincorrere il titolo. A dir la verità, le cinque stagioni dell'asturiano non sono poche se confrontate con le sole 2 di Alain Prost, altro insoddisfatto della Ferrari. Nel 1990 il francese arrivò vicino al titolo, ma l'anno successivo la macchina fu talmente deludente da fargli scappare un "questa macchina è guidabile come un camion". La Ferrari non gradì e lo licenziò, ma il rapporto era già logoro.


A Nelson Piquet il cambio funzionò, almeno la prima volta. Dopo aver vinto due mondiali con Brabham, il brasiliano approdò in Williams, conquistando nel 1987 il suo terzo alloro. Nel 1988 e nel 1989 guidò per la Lotus, con una vettura poco competitiva: qualche buon piazzamento e anche l'onta di aver mancato la qualificazione a Spa (1989). Nel 1990 e l'anno successivo, Nelson passò alla Benetton, dove andò meglio: 3 vittorie. Ma nessun titolo.


Jenson Button, dopo l'incredibile titolo conquistato con la Brawn GP, passò nel 2010 alla Mclaren. Da allora qualche vittoria e buone prestazioni, ma nessuna possibilità di riprendersi il titolo.

Jacques Villeneuve, dopo un deludente 1998 alla Williams, decise di averne abbastanza. Il suo manager Craig Pollock lo portò alla BAR per trasformare la ex Tyrrell in un top team. Jacques non riuscì più a vincere alcuna gara.


Keke Rosberg passò dalla Williams alla Mclaren, nel 1986, nella speranza di combattere per il titolo sulla vettura che l'anno precedente aveva sbaragliato la concorrenza. Il campionato lo vinse invece il suo compagno Prost, mentre lui faticò moltissimo. Segnato, oltre che dalle delusioni in campionato, anche dalla morte dell'amico Elio de Angelis, si ritirò alla fine della stagione.

Niki Lauda accettò le lusinghe di Bernie Ecclestone nel corso della vincente stagione 1977 in Ferrari, diventando così il pilota di punta della Brabham per la stagione successiva. Il 4° posto nel campionato 1978 e il magrissimo bottino della stagione 1979 lo convinsero a mollare la F1. Non definitivamente, però: tornò in Mclaren nel 1982 vincendo il suo terzo titolo nel 1984.


Graham Hill lasciò nel 1969 il team Lotus per approdare, la stagione successiva, al privato Rob Walker Racing. Non durò molto la sua avventura con Walker: decise infatti di passare alla Brabham nel 1971. Una prima stagione positiva, con il 2° posto finale, e una seconda meno competitiva, convinsero definitivamente Graham a fondare il proprio team, con il quale corse ancora tre stagioni prima di trovare la morte in un incidente aereo.

Anche John Surtees non riuscì più, dopo il titolo, a trovare una vettura abbastanza competitiva per ripetersi. All'inizio del 1966, dopo enormi dissidi con Enzo Ferrari, l'inglese si accasò alla Cooper, con la quale concluse la stagione al 2° posto. Nel 1967-68 guidò per la Honda, togliendosi diverse soddisfazioni ma senza avere abbastanza affidabilità per competere rispettivamente con Hulme e Graham Hill. Dal 1970 al 1972 John guidò per il team da lui stesso fondato, ma senza più vittorie né piazzamenti sul podio.


Stessa sorte per Emerson Fittipaldi, che lasciò il team Mclaren dopo una comunque ottima stagione 1975 per correre nel suo team. Furono 5 stagioni di molti bassi e pochi alti, ma Emerson non gettò la spugna, emigrando negli Stati Uniti e vincendo anche la 500 miglia di Indianapolis.

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