martedì 5 agosto 2014

L'autodromo di Monza non deve morire

La domanda è una, una soltanto: per quale motivo la città di Monza è conosciuta in tutto il mondo?

Per l'Autodromo Nazionale.

Dal 1922 il termine Monza è un sinonimo di velocità, di corse, di motori e, dal 1950, di Formula Uno.

Il problema fondamentale del mitico circuito è la sua ubicazione: l'Italia. Terra di caos, di veleni, di guai finanziari, di gestioni consapevolmente fallimentari e di nessuna prospettiva a lungo termine.

Monza è, prima di tutto, accerchiata dallo spirito poco collaborativo degli abitanti della zona. Vedano al Lambro, Lesmo, Biassono: chi vive qui non riesce a capire l'importanza che ha la pista per l'economia, per il turismo, per il lavoro. Si lamentano continuamente del rumore (quest'anno con i nuovi motori avranno una piacevole sorpresa) e trattano l'autodromo come un capriccio, mentre in realtà si tratta di un monumento che ha contribuito ad allontanare Monza, e perchè no, anche il Parco dall'anonimato.

Foto del 1922 scattata da un dirigibile. Attorno al circuito, campi coltivati...
Le gestioni precedenti all'ACI Milano e alla SIAS SpA, ovvero gli organismi che dovrebbero operare per il bene del circuito, hanno lasciato strascichi pesanti sul presente. Dopo aver tentato di uccidere i piloti Superbike tacendo sulle pessime condizioni dell'asfalto, dopo aver cercato di truccare i bilanci, dopo essersi spartiti i soldi rimasti evitando di portare la civiltà attorno al circuito, si può benissimo affermare che gli ultimi consigli d'amministrazione sono diretti responsabili del disastro attuale. Il risultato complessivo del loro "lavoro" è un circuito che non ha mai abbandonato gli anni '70.

Ora, dopo l'elezione a capo dell'ACI Milano di Ivan Capelli, del probabile coinvolgimento di Dell'Orto e di Stefano Domenicali, c'è una piccola speranza. La speranza di poter tenere fuori la politica e gli inciuci, con delle persone che hanno lavorato nell'automobilismo ad alti livelli.

A Monza l'unica cosa da salvare è il disegno del tracciato. Il resto è da rifare. Manca un grande museo aperto tutto l'anno, mancano dei parcheggi organizzati in maniera sensata. L'anno scorso io ho parcheggiato in una via laterale a 30 minuti a piedi dal mio posto in tribuna: non dovrebbero accadere cose del genere. Continuo: costruire almeno due tribune coperte sarebbe fantastico. Mancano i campionati oltre alla F1. Monza deve tornare il tempio della velocità per tutte le categorie: la Superbike, il Mondiale Turismo, il Mondiale Endurance... Mancano dei servizi igienici veri per i tifosi non vip, manca la manutenzione del bosco interno, manca un piano di comunicazione adeguato ad un grande circuito. Manca la cura per le strutture più banali: muri, erba, ingressi, reti.

Quando Monza non era solo F1...
A Silverstone vengono organizzati numerosissimi raduni di auto storiche, che richiamano folle acclamanti prossime alle centinaia di migliaia di unità. Noi abbiamo stupende Ferrari, Lancia, Maserati, Alfa Romeo, Lamborghini, Abarth... a portata di autostrada. Monza deve diventare il centro dell'automobilismo e del motociclismo sportivo italiano. Il museo sarebbe il perno di tutta la struttura, e dovrebbe contenere F1 storiche, cimeli del tempo che fu (gomme, alettoni, guardrail, cartelloni) e accogliere mostre ed esposizioni.

La parabolica dovrebbe essere più che un deposito di gomme. Correrci non è possibile: troppo anacronistico. Le alte arcate delle curve potrebbero diventare un percorso guidato alla storia dell'Autodromo, ad esempio.



Le idee sono tante: basta seguire l'esempio degli altri per migliorare subito. Ho come l'impressione, però, che sarà un guaio realizzare anche solo una minima parte di quanto vorrei. Nel paese dell'immobilismo, i sogni trovano la sbarra chiusa.


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